Microbiota intestinale e Sindrome di Rett

Aglaia Vignoli – Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Milano, ASST GOM Niguarda, Milano
Selezione e sintesi dell’intervento a cura del centro Airett

Noi, in quanto essere umani, non siamo soli, ma siamo superorganismi e condividiamo lo spazio, in vari parti del nostro corpo, con altri esseri viventi. Nel Superorganismo, infatti, la maggior parte delle cellule presenti non sono dell’organismo umano ma sono altre cellule, batteri, funghi e virus che vivono e si sono evoluti con noi, ognuno con il proprio patrimonio genetico. Quindi, oltre al nostro specifico patrimonio genetico, dobbiamo considerare anche quello dei microorganismi che vivono con noi e che interagiscono con noi nei vari processi nutrizionali, di degradazione di sostanze tossiche, nelle funzioni immunitarie e nella regolazione dell’omeostasi epiteliale.

Noi e il nostro microbiota costituiamo un ecosistema che dev’essere bilanciato, deve contenere diverse specie, come quantità che come qualità. Questo ci permette di essere resistenti ai patogeni che arrivano dall’esterno; se l’ecosistema è più rarefatto e squilibrato, risultiamo più suscettibili alle malattie. Esiste un metodo scientifico per studiare le specie microbiche che vivono nel nostro ecosistema e bisogna valutarne la quantità e la diversificazione. Valutiamo, quindi, l’alfa diversità, quindi quante specie diverse ci sono in un campione e la beta diversità, ovvero la differenza tra le diverse specie nei diversi campioni. Quest’analisi è facilmente fruibile, negli ultimi 15 anni, attraverso le tecniche di biologia molecolare, ovvero a partire da un campione fecale possiamo estrarre il genoma dei vari microorganismi, analizzarli, estrarre le specie presenti e analizzarle nel particolare. La comunità microbica tende a rimanere stabile dallo svezzamento alla terza età, è una sorta d’impronta digitale del nostro microbiota intestinale, dovuta a fattori genetici e ambientali che vanno dal momento della nascita, dal tipo di parto, dalla dieta della madre durante la gravidanza, dall’ambiente ospedaliero all’alimentazione del primo anno di vita, all’uso di antibiotici, alla presenza di altri fratelli nella casa… Esiste, tuttavia, una finestra temporale entro cui il microbiota intestinale può essere modificato, ecco perché le modifiche successive non sono sempre efficaci se il bambino è già grande, a meno che non si ricorra ad interventi estremi come il trapianto fecale.

La vita nei paesi occidentali può avere un ruolo nella modificazione del microbiota, lo stress, l’uso di farmaci, la dieta e varie malattie che sono determinate proprio dal disequilibrio dell’ecosistema. È stato analizzato il microbiota di 8 pazienti con Rett classica Mecp2 rispetto ad un altro campione di pazienti con sviluppo normotipico, confrontando soprattutto le loro diete. Nelle pazienti con Rett solitamente l’intake di proteine è aumentato, mentre è diminuita l’assunzione di fibre e questo già di per sé altera il microbiota. Le pazienti con Rett dimostrano una ridotta alfa diversity, quindi una bassa diversificazione del microbiota, proporzionale alla severità del quadro clinico. Per quanto riguarda la beta diversity, le pazienti Rett si differenziano per la tipologia di specie nel microbiota e anche qui, le forme più severe, si allontanano molto dal campione tipico.

 

Entrando nello specifico e analizzando il contenuto del microbiota, si può vedere che nelle pazienti Rett aumentano i bacteroidetes e i firmicutes, caratteristica che accomuna la Rett ad altre patologie del neurosviluppo. Anche i colleghi americani, già l’anno scorso, hanno studiato un campione di 44 pazienti Rett comparandolo ad un gruppo di controllo composto da 21 persone e sono arrivati a conclusioni simili a quelle dello studio pilota milanese. Le differenze del microbiota individuate sono confermate anche dal campione americano, nonostante il diverso ambiente che può influenzare l’ecosistema. Aver quindi visto che l’analisi riporta dati simili qui, come in America, porta alla conclusione che queste siano proprio caratteristiche specifiche della Rett e non variazioni ambientali. Le ricerche sul microbiota si stanno espandendo anche negli studi di altre malattie del neurosviluppo e si è già appurato che diverse patologie, come Sindrome di Down e Disordini dello Spettro Autistico, che hanno caratteristiche in comune con la Rett, come disabilità intellettuale, stereotipie e disordini gastrointestinali, mostrano avere un quadro clinico e microbiologico molto simile.

Ad esempio, la presenza di alcuni batteri favorisce la permeabilità intestinale, permettendo quindi il passaggio di elementi tossici; l’aumento di clostridium, che crea tossine, potrebbe interferire con il metabolismo del GABA e quindi avere un ruolo nell’epilessia e forse nelle stereotipie. Altri microorganismi potrebbero agire invece sugli aspetti comportamentali e sociali attraverso i metaboliti microbici.
L’analisi del microbiota, per concludere, non può spiegare la fisiopatologia della Rett ma può aiutare a modulare le caratteristiche cliniche, attraverso la dieta o altri fattori, non solo farmacologicamente.

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