Sviluppo di biomarkers elettrofisiologici per la Sindrome di Rett: l’esperienza dallo studio multicentrico di storia naturale

Eric Marsh, Children’s Hospital of Philadelphia, Perelman School of Medicine – University of Pennsylvania Selezione e sintesi dell’intervento di Eric Marsh a cura del centro Airett

Lo studio sul biomarker, qui presentato, è stato finanziato da NIH. Il biomarker è una carat- teristica che può essere analizzata come indicatore dei processi biologici normali, patogeni oppure di risposta ad un intervento o ad elementi esterni.
In questo studio abbiamo guardato ai biomarker elettrofisiologici. Per molte persone l’EEG è una finestra nel cervello dei pazienti, che permette di capire i processi locali all’interno del cervello e i processi più globali; utilizza nuove misure che usano dati quantitativi, al di là di quelle tradizionalmente analizzate. L’analisi delle EEG può essere molto utile nella RTT, a partire dagli studi sui topi Mecp2; l’obiettivo è quello di usarle come metodologia nei trial clinici sugli umani. È stata studiata l’ampiezza delle onde di attivazione cerebrale e le diverse risposte, le quali sono legate alla gravità della patologia.

Abbiamo riassunto i nostri lavori in testi e review pubblicati negli anni, a partire dagli innumerevoli lavori svolti a partire dagli anni 90. Negli studi di storia naturale, in diversi gruppi di pazienti, abbiamo investigato il potenziale di questi metodi, ci siamo focalizzati sulla midline centrale vedendo i potenziali evocati, con stimoli visivi e uditivi, in sessioni da 1 ora e mezza, su bambini con disabilità, tra cui la Sindrome di Rett. Prima è stato somministrato un test che ci ha permesso di registrare le informazioni provenienti da diversi centri e ospedali del Colorado, e abbiamo visto risultati molto simili nei vari luoghi, mentre le differenze principali risultano legate ai diversi macchinari usati per l’EEG (alcune più o meno rumorose).
Sono state mostrate differenze ampie di risposta agli stimoli uditivi e visivi nella Rett rispetto al campione tipico. Nella Rett, infatti, la curva di reazione a questi stimoli è notevolmente più lineare. Questi markers possono es- sere correlati alla gravità della condi- zione clinica del paziente.

Più è piccolo il potenziale evocato, più è grave la malattia. Guardando ai risultati delle EEG, alle frequenze e all’ampiezza delle onde, abbiamo visto ulteriori differenze tra Rett tipiche e atipiche. Se guardiamo, ad esempio, al delta dell’EEG rispetto al modello Mullen si vede un rapporto tra l’ampiezza alta e bassa, legato al dato comportamentale e motorio. Lo studio è stato effettuato su 68 individui, è stato usato il metodo di Artifact Rejection Automatio, l’EEG è stato considerato da 7 sec a 7 minuti. Sono state analizzate le ampiezze e le onde; più è piccolo il potenziale evocativo (quindi l’ampiezza della curva rispetto alla linea mediana) più è grave la condizione del paziente. Possiamo concludere dicendo che gli studi elettrofisiologici non sono invasivi e sono correlati alla gravità della malattia. L’obiettivo è, quindi, lavorare su task sempre più complessi e potrebbe essere uno step importante nel nostro lavoro.
 

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