Il ruolo della proteina JNK nella sindrome di Rett: possibili strategie terapeutiche

In questa relazione sono stati presentati i dati ottenuti utilizzando due modelli murini affetti dalla
sindrome di Rett: a) Topi MeCP2 J. & b) MecP2 Bird e c) modello umano di IPSCs differenziate in neuroni al quale è stato somministrato il peptide cellula-permeabile D-JNKI1.
Utilizzare due modelli murini è stato necessario sia per completare i risultati sperimentali fino ad oggi ottenuti (per ricapitolare il più possibile tutte le caratteristiche della malattia) che per rafforzare i dati incoraggianti fino ad oggi ottenuti e quindi svolgere ulteriori indagini al fine di rendere lo studio più significativo.


A) DATI OTTENUTI SULLE FEMMINE ETEROZIGOTI, FENOTIPO DELLA MALATTIA MENO AGGRESSIVO, SVOLTO IN COLLABORAZIONE CON PROF. M. GIUSTETTO.
Il trattamento e la valutazione dell’effetto del peptide D-JNKI1 mediante somministrazione in cronico per 3 mesi è stato valutato utilizzando studi comportamentali mirati a valutare la coordinazione motoria. Il trattamento in cronico con il peptide ha migliorato il deficit motorio e quindi la disfunzione delle spine dendritiche.
b) DATI OTTENUTI SUL MODELLO MECP2 BIRD. MASCHI KOFENOTIPO DELLA MALATTIA PIÙ AGGRESSIVO
Questi risultati conferiscono MAGGIOR RISALTO ALLE POTENZIALITÀ dell’effetto del peptide DJNKI1.
In questo studio abbiamo valutato la sinaptopatologia nei maschi e la sua caratterizzazione. La valutazione dell’effetto di D-JNKI1 mediante trattamento in cronico è stata misurata prima monitorando i parametri di benessere degli animali. Il risultato più importante è che il peptide permette una migliore qualità di vita nei topi KO, gravemente affetti dalla patologia. Abbiamo inoltre valutato mediante studi comportamentali la coordinazione motoria, evidenziando come il trattamento migliori le performance motorie sia nel test open-field che nel test rotarod.
Inoltre, con l’analisi biochimica delle spine dendritiche, abbiamo dimostrato come il trattamento con D-JNKI1 normalizzi i recettori nella zona attiva dell’elemento postsinaptico. I dati biochimici sono in accordo con il recupero funzionale ottenuto. Tutto porta a dire che il trattamento è in grado di ridurre la patologia.
Infine, per aggiungere un valore traslazionale a questi studi nel modello animale, abbiamo usato un modello umano di IPSCs, conferendo ai dati ottenuti nei due modelli animali una valenza clinica alla nostra ricerca e aumentando così l’importanza di quanto fin qui fatto nella ricerca preclinica.
C) IPSCS DI CELLULE DERIVANTI DAI PAZIENTI UMANI.
Le IPSCs mutate e isogeniche (sani) sempre sul modello di mutazioni genetiche riscontrate su gene MeCP2 (iPSCs con delle mutazioni non senso su MeCP2) vengono differenziate in neuroni per 60 giorni. Questo studio è stato svolto in collaborazione con la Prof. A. Renieri.


Abbiamo dimostrato come i cloni mutati di IPSCs differenziate in neuroni abbiano un aumento dell’attivazione di JNK, mentre i cloni isogenici non presentino tale attivazione. Questa è la prima volta che si delinea l’importanza della chinasi JNK nei pazienti umani, dimostrando così la bontà dei dati fin qui raccolti nei modelli murini sperimentali. I pazienti con mutazione hanno una forte attivazione di JNK e questo causa una morte in vitro delle neuron-like IPSCs mutati, mentre i cloni sani non mostrano attivazione alcuna. Questo modello ci offre innegabili vantaggi, come la possibilità di studiare gli effetti dei nuovi farmaci sperimentali anche sulle cellule umane dei pazienti affetti dalla sindrome di Rett. Infatti, abbiamo dimostrato che l’effetto del peptide in coltura previene l’attivazione di JNK e la morte neuronale. Pensiamo che sia un valore aggiunto molto importante per la progettazione di una sperimentazione clinica sulle bambine. Il peptide D-JNKI1 ha realistiche applicazioni terapeutiche ed è già utilizzato in studi clinici di fase III per altri trattamenti. Attualmente sono in corso altri esperimenti sulle IPSCs differenziate in neuroni per indagare ulteriormente i meccanismi che sottendono alla morte neuronale nella sindrome di Rett.

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