I disturbi del sonno: dalla diagnosi alla terapia

Premesse generali sui disturbi del sonno
Il sonno è una funzione fisiologica e si articola in cicli
della durata di circa 90 minuti, suddivisi a loro volta in 5 stadi: 4 stati di sonno NREM (N1, N2, N3, N4) e lo stadio di sonno REM (Rapid Eye Movement), durante il quale si verificano i sogni. Il ciclo sonno-veglia è governato da processi omeostatici e circadiani, che sono regolati da variabili ambientali chiamate «entrainment» o «zeitgeber» come la reattività agli stimoli ambientali (attività/riposo) e al ciclo luce-buio, sincronizzato dall’attività del nucleo soprachiasmatico.
I disturbi del sonno in età pediatrica si presentano nella popolazione generale con frequenza del 10% e sono uno dei frequenti motivi di consultazione specialistica. Tali disturbi possono avere effetti negativi sulle funzioni esecutive (memoria, attenzione…), sullo sviluppo cognitivo, sul comportamento, e, più in generale, sulla qualità di vita.
Secondo l’International Classification of Sleep Disorders (terza edizione, 2014) sono suddivisibili in 7 categorie:

  1. insonnia;
  2. disturbi respiratori del sonno;
  3. ipersonnie di origine centrale;
  4. disturbi del ritmo circadiano;
  5. parasonnie;
  6. disturbi del movimento in sonno;
  7. varianti fisiologiche, sintomi isolati e problemi irrisolti.

Tra i disturbi più frequenti troviamo l’insonnia, definita dalla presenza di 3 o più notti a settimana, per un periodo di almeno 3 settimane, di uno dei seguenti sintomi: 45 minuti di latenza nell’induzione del sonno, risvegli notturni con necessità di almeno 30’ per addormentarsi e presenza di risvegli precoci. Le tipologie più frequenti sono relative al disturbo di inizio del sonno per associazione e al disturbo da inadeguata definizione del limite.
Per quanto riguarda i disturbi respiratori, sono prevalenti le apnee ostruttive (OSAS), caratterizzate da completa e/o parziale e/o prolungata ostruzione delle vie aeree superiori durante il sonno, con persistenza di attività dei muscoli respiratori in sonno in assenza di flusso aereo oronasale, associata a desaturazione ossiemoglobinica e ipercapnia. Tale disturbo è spesso correlato a ipertrofia delle
adenoidi e/o tonsille, con frequenza del 2-5%.
Molto frequenti sono le parasonnie, tra le quali citiamo il pavor nocturnus. Tale disturbo è caratterizzato da episodi di risvegli improvvisi con espressione terrifica, urla, sudorazione e attivazione autonomica. Gli episodi accadono nel primo terzo della notte, durano diversi minuti e non viene conservata memoria dell’accaduto.
Tra i disturbi del movimento si ricorda il bruxismo: episodi parossistici caratterizzati da contrazione involontaria e ripetuta durante il sonno dei muscoli massetere, temporale, pterigodiei, di breve durata. Il bruxismo può comportare algie alla mascella, cefalea mattutina, danni al tessuto paradentale, gengive e ipetrofia dei muscoli stessi.

I disturbi del sonno nella Sindrome di Rett (RTT)
I disturbi del sonno sono inclusi nei criteri diagnostici sia delle forme tipiche che in quelle atipiche della Sindrome di Rett (RTT) e si evidenziano a partire sin dagli stadi precoci della sindrome (I-II stadio), con una frequenza
dell’80%.
In conseguenze della loro presenza, si realizza una maggiore sonnolenza diurna (soprattutto nelle pazienti adulte), ridotta compliance alla terapia riabilitativa con conseguente impatto sulla qualità di vita della famiglia e/o del caregiver.
Per quanto riguarda la struttura del sonno, gli studi condotti con polisonnografia notturna completa (in grado cioè di registrare sia l’attività cerebrale che quella cardio-respiratoria) hanno riportato la presenza di un’alterazione globale dell’architettura del sonno con incremento del sonno a onde lente N3 e riduzione del sonno REM (soprattutto nelle pazienti giovani). Queste modifiche del sonno potrebbero, in prima ipotesi, essere ascrivibili ad alterazioni talamocorticali e mancata maturazione sinaptica cerebrale.1,3
Anche la quantità del sonno totale sembra essere alterata con frequenti risvegli notturni ed un’alta percentuale di WASO (Wakefulness after sleep onset) che risulta essere intorno al 33% ed una ridotta “efficacia” del sonno che
risulta 66+-19% (inferiore rispetto al normale che si aggira intorno al 90%).


Sono presenti frequentemente irregolarità del ritmo sonno-veglia. A questo proposito, alcuni studi hanno evidenziato un’alterazione del ritmo di secrezione della melatonina (ormone alla base della regolazione del ritmo sonno-veglia) sia in pazienti con RTT che in modelli animali della malattia.

Infine, possono verificarsi, risvegli precoci con comportamento dirompente (pianto, urla notturne “night screaming”, episodi di riso notturno prolungati “night laughing”) che risultano essere prevalenti nelle più giovani (54% nei pazienti da 0-7 aa) e diminuiscono nelle età successive mantenendo percentuali intorno al 40% nelle over 18.
È stato ipotizzato, dunque, che i disturbi del sonno possano variare in relazione all’età e al tipo di mutazione. Infatti, alcuni studi hanno riscontrato una maggiore prevalenza di tali disturbi in età precoce e nei pazienti con una delezione estesa nel gene MeCP2 o mutazione in p.R294X, p.R306C.
La percentuale non varia se si mettono a confronto pazienti con diagnosi genetica accertata rispetto a pazienti con diagnosi solamente clinica.7
Altri fattori che influenzano la qualità del sonno notturno sono l’attività fisica giornaliera e probabilmente l’esposizione alla luce durante il giorno (molto importante in quanto fattori modificabili nell’igiene del sonno), le crisi epilettiche notturne e gli altri eventi parossistici non epilettici, oltre alle irregolarità respiratorie e del sistema nervoso vegetativo.2
Le disfunzioni del sistema vegetativo/autonomico sono molto comuni nella RTT e possono asso-ciarsi a gravi aritmie cardiache o alterazioni dell’elettrocardiogramma, come il prolungato intervallo QTc, con conseguente aumentato rischio di morte cardiaca improvvisa.
Individuare le disfunzioni autonomiche nei soggetti con RTT diviene pertanto un aspetto importante, ed è possibile grazie all’Heart Rate Variability (HRV), un parametro che esprime la fisiologica variazione dell’intervallo tra i battiti cardiaci (intervallo R-R). Un’alta variabilità dell’intervallo R-R è il segno di un buon accoppiamento tra sistema nervoso centrale e sistema autonomico. Uno studio recente condotto in veglia, in pazienti affetti da RTT, ha evidenziato una predominanza della componente simpatica dell’HRV e una ridotta componente parasimpatica rispetto a un gruppo di controllo.


Il sonno rappresenta una finestra ottimale per lo studio del funzionamento del sistema vegetativo. Infatti, durante il sonno, gli stimoli afferenti all’organismo, si riducono e le attività del sistema nervoso vegetativo e centrale oscillano in maniera armonica coordinata. È in programma una proposta di studio per valutare questi aspetti tramite l’utilizzo di un actigrafo, strumento già validato nella RTT per ottenere indicatori che possano dare indicazioni sullo stato del sistema vegetativo, ed essere, quindi predittivi di mortalità cardiaca. Inoltre, ci si pone l’obiettivo di correlare i vari disturbi che possono entrare in diagnosi differenziale (epilessia, reflusso gastroesofageo…), nell’ottica di migliorare il trattamento farmacologico e fornire un trattamento mirato.

Trattamento
La terapia prescinde da un buon percorso diagnostico, che in questo caso comprende valutazione specialistica, compilazione di diari del sonno ed eventuali polisonnografia, valutazione otorinolaringoiatrica e gastroenterologica. Successivamente vi è la necessità di un percorso informativo relativo alle corrette regole dell’igiene del sonno (Fig.2) e poi di un percorso formativo per la corretta applicazione della teoria.
Se il disturbo permane nonostante un buon intervento psicoeducativo e l’esclusione di problemi internistici, specie gastroenterologici, può essere necessario introdurre una terapia farmacologica, che deve essere effettuata sotto controllo medico e “tagliata su misura” sul paziente. La sostanza maggiormente utilizzata è la Melatonina, una sostanza sicura,
che sembra efficace nel ridurre la latenza dell’induzione di sonno e migliorarne il tempo totale. La melatonina può essere utilizzata a cicli di tre mesi, con un dosaggio variabile da 1 a 5 mg, in alcuni casi aumentabili, da assumere 30’ prima di andare a dormire. Recentemente è stata approvata una melatonina a rilascio prolungato per il trattamento dell’insonnia nei disturbi dello spettro autistico e disordini neurogenetici, che sembra aver dato ottimi risultati in termini di efficacia.
In alternativa può essere utilizzato un farmaco della categoria degli antistaminici, la niaprazina, che agisce sulla riduzione del tempo di addormentamento e sui risvegli notturni. Altro farmaco che si può prendere in considerazione è L-idrossitriptofano, che ha una funzione stabilizzatrice sul sonno.
Altri farmaci possono essere valutati nella singola paziente nel centro di riferimento specialistico, se possibile da personale esperto nella cura dei disturbi del sonno.

DISTURBI DEL SONNO NELLA Sindrome di Rett
alterazione della struttura del sonno ridotto tempo totale di sonno
irregolarità nel ritmo sonno-veglia (difficoltà di addormentamento, fase ritardata)
risvegli precoci con comportamento dirompente (pianto, urla notturne, episodi di riso notturno prolungati)

REGOLE DI IGIENE DEL SONNO
Ambiente tranquillo, poco rumoroso e poco illuminato Temperatura stanza mantenuta a livello confortevole (18-20 gradi) Regolarità degli orari (risveglio, addormentamento) Creare un rituale dell’addormentamento
Evitare attività «stressanti/eccitanti» prima dell’addormentamento Ridurre l’introito di bevande/liquidi prima di dormire Verificare eventuali correlazioni con alcuni cibi assunti alla sera

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