In corso Ricerca di base

Sviluppo di nuovi strumenti preclinici per il trattamento della RTT, basati sulla riattivazione farmacologica di Mecp2

Nei mammiferi, le femmine posseggono due cromosomi X, per cui ogni gene localizzato sul cromosoma X, tra cui MECP2, esiste in due copie (alleli). Tuttavia, per un fenomeno definito “inattivazione del cromosoma X” (XCI), un solo cromosoma X è funzionante in ciascun cellula. Tale processo avviene in tutte le cellule del corpo, neuroni inclusi.

Sviluppo di nuovi strumenti preclinici per il trattamento della RTT, basati sulla riattivazione farmacologica di Mecp2

Nei mammiferi, le femmine posseggono due cromosomi X, per cui ogni gene localizzato sul cromosoma X, tra cui MECP2, esiste in due copie (alleli). Tuttavia, per un fenomeno definito “inattivazione del cromosoma X” (XCI), un solo cromosoma X è funzionante in ciascun cellula. Tale processo avviene in tutte le cellule del corpo, neuroni inclusi. La proteina MeCP2 è una proteina dose-sensibile: perché un individuo sia sano è necessario che tutte le cellule esprimano una copia funzionante di MeCP2. Nelle bambine con sindrome di Rett sono presenti sia cellule che producono (“esprimono”) una proteina “alterata”, a partire dalla copia difettosa (mutata) del gene MECP2, e mantengono “inattiva” la copia sana del gene, sia cellule che, viceversa, esprimono la copia sana del gene MECP2 e mantengono inattiva la copia con il difetto genetico.
In linea di principio se nelle cellule malate l’allele sano di MECP2 fosse riattivato, si potrebbe produrre una quantità adeguata di proteina MeCP2 normale, correggendo almeno a livello cellulare la malattia.


La riattivazione del gene di Mecp2 sul cromosoma X silente rappresenta quindi un’interessante strategia terapeutica per la Rett. Il raggiungimento di tale obiettivo è però ostacolato dalla limitata conoscenza in generale dei meccanismi molecolari dell’XCI e nello specifico dei fattori coinvolti nella regolazione del gene MECP2. Per superare queste lacune, pertanto, sono necessarie competenze specifiche in distinte aree di ricerca.
Con questo obiettivo, nel 2018 abbiamo composto un team di ricercatori: M. Vacca L. Casalino (Istituto di Genetica e Biofisica-CNR di Napoli), S. Russo (Istituto Auxologico di Milano) e T. Pizzorusso (Università di Firenze, Dipartimento NEUROFARBA) per lavorare in maniera sinergica a un progetto che AIRett ha finanziato e che mira a identificare induttori della riattivazione di MECP2 (e i meccanismi coinvolti). In primis, occorre sviluppare una strategia sperimentale basata su di un opportuno sistema cellulare su cui eseguire screening molecolari e saggi in vitro e le cui risorse siano rinnovabili, poco dispendiose e che si prestino facilmente alla manipolazione sperimentale. Il modello cellulare che maggiormente soddisfa tutte queste esigenze, impiegato con successo negli ultimi anni in campo bio-medico, è rappresentato dalle cellule staminali embrionali murine (mESC) e dalle cellule umane staminali pluripotenti indotte (hiPSC). Queste ultime vengono ottenute grazie alla “riprogrammazione” di cellule somatiche adulte: attraverso manipolazioni in vitro, è possibile trasformare cellule specializzate di un tessuto (ad es. biopsia cutanea o prelievo di sangue) in cellule staminali pluripotenti. Peculiarità delle cellule pluripotenti, sia mESC sia hiPSC, è che possono essere coltivate in vitro in modo da mantenere la loro caratteristica di pluripotenza (autorinnovamento) oppure essere sottoposte a procedure specifiche per generare (differenziamento) cellule specializzate del tipo desiderato, di interesse scientifico o clinico, cellule cerebrali comprese. Inoltre, le hiPSC possono essere derivate direttamente da pazienti affetti da malattie genetiche e quindi costituire un modello umano rappresentativo della patologia stessa.
Infine, le cellule staminali pluripotenti nel corso del differenziamento ricapitolano le varie fasi dell’inattivazione del cromosoma X, fino al mantenimento di un X stabilmente silenziato. Per tutte queste caratteristiche, le cellule staminali possono affiancare, sostituire o limitare l’uso dei modelli di sperimentazione animale.
Nel nostro progetto, la riattivazione farmacologica di Mecp2 verrà ricercata utilizzando un modello preclinico costituito da colture di cellule neurali, derivate dal differenziamento in vitro di cellule staminali pluripotenti sia murine (MVLC) sia umane (SR-TP).


Le cellule neurali infatti rappresentano la tipologia di cellule più rilevanti per lo studio della patologia Rett e per lo sviluppo di terapie (anche paziente-specifiche). Inoltre, esse producono elevati livelli di MeCP2, rendendo più agevole monitorare sia l’espressione dell’allele attivo sia la riattivazione di quello silente.
Il modello murino sviluppato (MV) è caratterizzato dalla marcatura genetica dei due alleli di Mecp2 con reporter fluorescenti di due differenti colori ed è principalmente finalizzato alle fasi di screening e di validazione delle molecolestudio. Risponde di fatto a due requisiti:
1) la visualizzazione diretta, cioè senza manipolazioni sperimentali della riattivazione dell’allele silente; 2) preservare la fisiologia dell’XCI.
I saggi cellulari saranno eseguiti in automazione (LC), per valutare l’effetto delle molecole-studio aggiunte sia singolarmente sia combinandole fra di loro, per sfruttare ogni eventuale potenziale sinergico e favorire così le possibilità di successo a costi contenuti.
I composti capaci di riattivare selettivamente l’allele silente di Mecp2 in neuroni murini (MV-LC) verranno successivamente ri-testati utilizzando un modello umano di malattia, le iPSCs di pazienti RTT con specifiche mutazioni (SR), per derivare in vitro cellule neurali umane.
La progenie neurale sarà derivata da iPSCs di pazienti RTT, portatrici di 3 o 4 tra le mutazioni più ricorrenti e associate a quadri clinici di diversa severità. Per ciascuna paziente verranno utilizzati due tipi di cloni: cloni che esprimono solo l’allele Mecp2 difettoso e cloni che esprimono solo l’allele sano. Questi cloni sono detti isogenici, perché derivando da una stessa persona il loro corredo genetico è identico. I derivativi neuronali dei cloni isogenici iPSCs saranno utilizzati per valutare in un contesto patologico la specifica riattivazione dell’allele sano di MECP2 e successivamente il recupero di specifici bio-marcatori che distinguono le cellule sane da quelle patologiche (caratteristiche cellulari, aspetti biochimici e funzionali). Al fine di dare più consistenza al risultato, studieremo la riattivazione nelle cellule derivate da 3 diversi pazienti per ciascuna mutazione, valutando l’effetto sia sul clone che esprime l’allele difettivo (cellule malate) sia sul rispettivo sano (isogenico).
Infine, ci occuperemo di verificare se l’espressione bi-allelica di MECP2 sia in grado di determinare un recupero funzionale. Siccome la principale funzione del neurone consiste nel trasmettere correnti elettriche si valuterà l’attività dei neuroni dopo il trattamento con i composti identificati, attraverso test di elettrofisiologia, sia a livello di singola cellula (patch clamp) (TP), sia a livello di circuito neurale, mediante micro-piastre per colture cellulari che incorporano una serie di microelettrodi (micro-electrode array, MEA) (SR+TP). Inoltre, dati prodotti nel nostro laboratorio (SR) e/o riportati in letteratura hanno evidenziato che il deficit di MeCP2 altera la dimensione del soma cellulare, le ramificazioni proprie dei neuroni e quindi la complessità della rete neurale. Per cui si valuterà se la riespressione di MeCP2, per effetto dei composti, possa ripristinare la corretta morfologia neurale.
Ai fini del progetto, l’impiego di modelli cellulari neurali di origine sia umana sia murina dovrebbe aumentare le nostre possibilità di successo oltre a permettere di cogliere somiglianze e differenze nel comportamento biologico e patologico di Mecp2 tra uomo e topo. Tale progetto quindi risulta non solo di grande impatto traslazionale ma anche funzionale ad acquisire nuove conoscenze, se si considera che alcune vie regolative (compresi i meccanismi dell’XCI) possono essere specie e/o tessuto specifiche.
Confidiamo che la collaborazione tra diversi team di scienziati, già attivi nei rispettivi ambiti con il supporto di AIRETT, fondata sullo scambio di strumenti e competenze, possa produrre un effetto sinergico capace di far progredire la reciproca ricerca verso un obiettivo comune.