Translational & Pre-Clinical Research Symposium

Maurizio Giustetto

Dipartimento di Neuroscienze e Istituto Nazionale di Neuroscienze, Università di Torino

 

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Le sessioni dedicate ai genitori così come agli specialisti dell’assistenza ai pazienti si sono svolte dal 22 al 24 Giugno sotto la guida del prof. A. Percy dell’Università di Birmingham, Alabama. Il mattino del 24 giugno si sono aperti i lavori del primo dei due simposi dedicato alla ricerca scientifica, quello dal titolo “Translational & Pre-Clinical Research Symposium” che è stato diretto dal prof. Jeffrey L. Neul.

Come detto dallo stesso prof. Neul nel corso dell’introduzione, questo simposio ha preso spunto dal fatto che i progressi della scienza di base hanno dimostrato che la sindrome di Rett è reversibile e hanno indicato un buon numero di potenziali opzioni di trattamento. Per proseguire, è necessario mettere a punto metodi per valutare sistematicamente queste opzioni in studi pre-clinici sui modelli animali e per decidere su quali concentrare le enormi risorse necessarie per condurre una sperimentazione di tipo clinico.

La prima sessione è stata composta da interventi sui trial pre-clinici in corso ed è stata aperta dall’intervento del dott. James Leiter. Il dott. Leiter ha spiegato che è possibile, nei modelli animali della malattia, utilizzare una tecnica che utilizza la stimolazione ad alta frequenza dei circuiti nervosi di aree discrete del cervello, stimolazione cerebrale profonda, per migliorare alcuni aspetti della patologia. La stimolazione dei nuclei della base con microelettrodi ha permesso di migliorare, almeno in parte, alcuni caratteri patologici degli animali MeCP2-KO come il coordinamento motorio, la performance neuromuscolare, il peso e la longevità. Al contrario, questo trattamento non è stato in grado di migliorare i difetti respiratori. Il dott. J-C. Roux (Marsiglia, Francia) ha proseguito la sessione riportando i dati di un lavoro recentemente pubblicato sui difetti di traffico intracellulare a carico di proteine chiave (es. la neurotrofina BDNF) riscontrato nei neuroni di topi Mecp2-KO, difetti che alterano le normali funzioni delle cellule neuronali. Questi dati hanno indicato l’utilizzo di molecole, in particolare della cisteamina, in grado di alleviare questi difetti molecolari e che utilizzati negli animali mutanti per Mecp2 si sono mostrati in grado di migliorarne i sintomi motori e di allungarne la durata della vita. In particolare la cisteamina è una molecola già approvata come farmaco.

In modo interessante, il successivo intervento del dott. J. Neul (USA) ha mostrato i risultati del trattamento di mutanti per Mecp2 con una versione modificata di un farmaco utilizzato in trial clinici, la proteina IGF1 aggiunta di PEG al fine di migliorarne la specificità degli effetti ed aumentarne l’emivita nel sangue. I risultati mostrati hanno tuttavia evidenziato che a dosi basse il trattamento non esercitava effetti positivi mentre a dosi più elevate era responsabile di una diminuzione della vita media degli animali trattati, inducendo quindi a concludere che questa versione modificata del farmaco, se verrà utilizzata in trials clinici su pazienti, dovrà essere impiegata con cautela.

Altra comunicazione di notevole interesse è stata quella del dott. Deogracias (del gruppo del Prof. I. Barde, Svizzera) durante la quale è stato mostrato il trattamento con il farmaco Fingolimod, un composto in grado di attraversare la bariera ematoencefalica, legarsi a specifici recettori ed elevare i livelli del BDNF, migliorando alcune alterazioni comportamentali mostrate dagli animali mutanti e prolungandone la vita media. L’aspetto interessante è che questo farmaco è disponibile commercialmente ed è già utilizzato per il trattamento della sclerosi multipla.

 

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Il dott. S.J. Gray ha poi mostrato le potenzialità e gli ostacoli della terapia genica in esperimenti diretti a ripristinare i livelli di espressione del gene Mecp2 in animali KO per questo gene. Una singola iniezione i.v. a 4-5 settimane di un vettore virale (AAV) sviluppato nel laboratorio di questo ricercatore è sorprendentemente in grado di aumentare di circa il 50% la vita media degli animali KO nonostante il virus possa raggiungere appena il 2-4% dei neuroni. Nonostante i livelli di espressione siano coerenti con un’azione efficace della terapia (massimo 1.5 volte il normale), la diffusione del virus a tessuti non nervosi come il fegato e la relativa tossicità così come il basso numero di neuroni raggiunti sono alcuni degli ostacoli da superare prima di poter considerare questo approccio utile all’uomo.

Infine, il dott. Bissonette (Oregon, USA), specialista della fisiologia respiratoria, ha mostrato che il trattamento con Sarizotan, un agonista dei recettori serotoninergici e dopaminergici utilizzato nella cura delle discinesie indotte dal trattamento con L-dopa, è estremamente efficace nella cura delle apnee e delle irregolarità respiratorie dei topi mutanti per Mecp2.

Infine, il gruppo della prof.ssa A. Renieri (Univ. di Siena) ha presentato in un poster uno studio in cui sono state analizzate due coppie di sorelle Rett con identica mutazione di MECP2 che presentano però un fenotipo discordante: classico e Zappella. Lo studio ha stabilito che possono esistere varianti genetiche a carico di altri geni in grado di modulare la gravità del fenotipo Rett. Sfruttando la conoscenza di queste varianti genetiche sarà possibile stabilire se alterandone in modo appropriato i livelli in animali mutanti per MeCP2 i difetti patologici potranno essere alleviati.

Nella sessione successiva, incentrata sulle misure di esito della patologia, G. DeGregorio (Boston, USA) ha mostrato che poiché i potenziali visivi evocati (VEPs) sono alterati nei pazienti, questi potrebbero essere impiegati come un biomarcatore delle funzioni corticali durante la progressione della patologia per valutare gli effetti di un intervento terapeutico.

Nella sessione dedicata ai clinical trials in corso, guidata dal dott. P. Huppke (Germania) era attesa la comunicazione della dott.ssa E. Ho (Children’s Hospital di Boston, USA) incaricata di relazionare sugli sviluppi del trattamento con IGF1 su 12 bambine con mutazione per MECP2. I risultati mostrati indicano che in queste pazienti non si sono presentati fenomeni di ipoglicemia oppure altre gravi reazioni indesiderate al farmaco. Queste indicazioni mostrano che il farmaco è ben tollerato oltre che sicuro ed indicano che sarà possibile incominciare un trial con placebo in doppio cieco per testare le effettive proprietà terapeutiche di IGF1 nell’uomo. Tuttavia, sempre sull’utilizzo dell’IGF1, un poster del gruppo del Prof. Lucas-Pozzo Miller (Alabama, USA) ha indicato che l’applicazione di questo farmaco su fettine di cervello ottenute da animali mutanti Mecp2-KO non è in grado di attenuare le alterazioni sinaptiche presenti nell’ippocampo di questi animali.

Due ricercatrici francesi, la prof.ssa J. Mancini e la dott.ssa N. Bahi-Buisson hanno aggiornato i presenti sugli studi clinici in corso con due sostanze la desipramina e la fluoxetina, rispettivamente. La prof. Mancini ha annunciato che, dopo un periodo di attesa dovuto a problemi tecnico-organizzativi, sono in corso trials clinici per la desipramina, una sostanza che attiva i circuiti noradrenergici che si è mostrata efficace nel migliorare i difetti respiratori nei topi Mecp2-KO, in cinque diversi sedi sul territorio francese. La dott.ssa Bahi-Buisson ha spiegato che nonostante la fluoxetina, un inibitore del re-uptake della serotonina, potrebbe potenzialmente giocare un ruolo positivo dal punto di vista terapeutico per la malattia, il suo impiego su pazienti in un trial aperto ha causato o nessun miglioramento oppure una serie di effetti indesiderati che hanno suggerito l’interruzione di questi studi.

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