In corso Ricerca di base

La pupillometria come metodica di valutazione in modelli di sindrome di Rett

La ricerca di validi biomarcatori fisiologici e comportamentali è fondamentale per la valutazione dei pazienti sia nel decorso naturale della patologia sia per valutare l’efficacia di nuovi trattamenti in prove cliniche.

La pupillometria come metodica di valutazione in modelli di sindrome di Rett

La ricerca di validi biomarcatori fisiologici e comportamentali è fondamentale per la valutazione dei pazienti sia nel decorso naturale della patologia sia per valutare l’efficacia di nuovi trattamenti in prove cliniche. Il progetto si propone di valutare se il diametro pupillare possa essere un valido biomarcatore nella sindrome di Rett e in patologie collegate, come la sindrome da deficienza di CDKL5.
L’analisi pupillare risulta ad oggi un metodo assolutamente, non invasivo, ripetibile e allo stesso tempo sensibile: si pensi infatti che emozioni come la sorpresa, la paura o un particolare sforzo mentale determinino un aumento del diametro pupillare, rendendo così la pupilla un preciso indicatore di cambiamenti dello stato emotivo e cognitivo; inoltre anche la sola attività fisica è in grado di provocare una risposta di dilatazione pupillare.
Per questo, l’analisi delle risposte pupillari ed eventuali anomalie, possono fornire indicazioni preziose circa il funzionamento di determinati sistemi cerebrali e rivelare informazioni importanti sulla biochimica e fisiologia del cervello. Ad esempio, sono state osservate anomalie della regolazione della pupilla in bambini autistici.


Alla base del nostro progetto, c’è quindi l’interesse ad identificare eventuali caratteristiche nelle risposte pupillari che risultino peculiari dei topi portatori nella sindrome di Rett e in sindromi associate. Per assolvere a questo compito, abbiamo deciso di adottare un metodo che preveda l’addestramento dei topi alla navigazione in un ambiente virtuale, dove i soggetti possono muoversi e correre liberamente e dove risulta possibile monitorare l’attività pupillare. L’uso della realtà virtuale offre infatti, un’ampia gamma di possibilità, come ad esempio poter controllare il tempo di esposizione a stimoli visivi e sapere cosa il topo stia osservando in un dato momento. L’importanza di questi esperimenti risiede essenzialmente nel fatto che, permettendo l’identificazione di tratti specifici e caratteristici dei modelli della sindrome, forniscono valide misure da utilizzare nella quantificazione della presenza di malattia e nella valutazione di possibili trattamenti farmacologici. Per migliorare la robustezza dei dati ottenuti il progetto verrà svolto sia nel centro italiano che presso il laboratorio della Prof.ssa Fagiolini all’Università di Harvard a Boston che co-dirige il progetto.