[vc_row][vc_column][vc_custom_heading text=”Differenziamento di cellule staminali pluripotenti indotte (IPSCs) di pazienti Rett in diversi sottotipi cellulari neuronali e gliali per lo sviluppo di nuovi marker e screening di farmaci” font_container=”tag:h2|font_size:24|text_align:left” google_fonts=”font_family:Raleway%3A100%2C200%2C300%2Cregular%2C500%2C600%2C700%2C800%2C900|font_style:800%20bold%20regular%3A800%3Anormal”][vc_separator color=”custom” accent_color=”#383838″][vc_custom_heading text=”Sintesi progetto di ricerca finanziato dal bando Airett 2016″ font_container=”tag:h2|font_size:20|text_align:left” google_fonts=”font_family:Raleway%3A100%2C200%2C300%2Cregular%2C500%2C600%2C700%2C800%2C900|font_style:500%20bold%20regular%3A500%3Anormal”][vc_custom_heading text=”Dott.ssa Silvia Russo
Istituto Auxologico Italiano, Milano” font_container=”tag:h2|font_size:17|text_align:left” google_fonts=”font_family:Raleway%3A100%2C200%2C300%2Cregular%2C500%2C600%2C700%2C800%2C900|font_style:400%20regular%3A400%3Anormal”][vc_column_text]
La sindrome di Rett è una malattia del neurosviluppo che colpisce principalmente individui di sesso femminile. La causa della malattia, nota da più di 15 anni, è dovuta nell’80% delle pazienti ad errori nella sequenza del DNA che determinano la produzione della proteina MECP2, e in una minor percentuale di bambine nella proteina CDKL5, alterata in pazienti con epilessia ad insorgenza precoce, e nella proteina FOXG1, mutata nelle varianti congenite.
Tuttavia ad oggi, la patogenesi della sindrome di Rett non è ancora chiara e non esiste nessuna terapia in grado di migliorarne significativamente i sintomi. Uno dei problemi principali quando si ricercano farmaci per la cura di malattie che interessano il cervello ed il sistema nervoso è l’impossibilità di testarli direttamente sull’organo bersaglio. Per questa ragione sono stati sviluppati modelli animali che seppure non perfettamente manifestano il quadro clinico. Nel caso della sindrome di Rett sono stati creati molti modelli di topo, che hanno mostrato importanti benefici grazie alla somministrazione di alcune molecole terapeutiche. Purtroppo la somministrazione nelle pazienti spesso non ha portato agli stessi risultati. Diventa importante quindi disporre di modelli alternativi più vicini all’uomo.
A tale proposito recentemente è stata sviluppata una tecnica che permette, di trasformare il tessuto prelevato dal paziente (cellule del sangue oppure fibroblasti della pelle) in cellule staminali pluripotenti (molto simili a quelle embrionali) e poi in cellule dell’organo di interesse, nel caso della sindrome di Rett in cellule del sistema nervoso. Le cellule staminali così ottenute si chiamano iPSCs (cellule staminali pluripotenti indotte). Per la sindrome di Rett, ad oggi sono state create le iPSCs solo di alcune delle mutazioni più frequenti nelle bambine.
Il nostro progetto si propone di creare modelli delle cellule nervose umane a partire dalle cellule del sangue di bambine con la sindrome di Rett. Gli esperimenti verranno eseguiti con metodiche molto nuove che non richiedono l’integrazione di virus nel genoma e quindi otterremo cellule sicure e il più possibile fedeli alle cellule di partenza. Le cellule staminali verranno in parte congelate e conservate. Si genereranno cellule di mutazioni ancora non riprogrammate, ma anche di alcune già fatte allo scopo di poter avere un maggior numero di repliche che renda consistente il risultato, quando verranno testati i farmaci. Inoltre, le cellule del sistema nervoso non sono tutte uguali: ci sono neuroni eccitatori ed inibitori, neuroni degli strati profondi e neuroni degli strati più superficiali della corteccia cerebrale, neuroni ippocampali e molti altri. L’obiettivo principale è proprio quello di riuscire a diversificare i neuroni che otterremo dalle bambine per poter testare farmaci, di cui sia noto lo specifico bersaglio.
Si cercherà di prelevare pazienti la cui storia clinica sia nota, con quadri di diversa severità, per cercare di capire quali differenze a livello delle cellule neuronali possano giustificare la variabilità clinica. L’idea è che questo strumento ci permetta di validare in maniera il più possibile specifica e quindi con maggiore possibilità di successo quando somministrate alle bambine, le molecole sperimentali che saranno man mano scoperte, ma anche eventuali farmaci già in commercio che potrebbero essere efficaci nelle pazienti.
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