Congresso Livorno 2004
Gunilla Larsson, Ingegerd Witt Engerström – Il Centro Rett A Frösön, Svezia
Il compito più importante per il fisioterapista del centro Rett svedese è il documentare e il riferire cure di successo. Tale documentazione dimostra la possibilità di riguadagnare la funzionalità, ottenere variazioni ed evitare contratture per molti anni. Sono essenziali una valutazione approfondita e una analisi a livello neurologico, ortopedico e fisioterapico. Sottolineiamo l’importanza di mantenere i piedi in una posizione corretta, usando la chirurgia e ortesi ben calibrate dove necessari, rendendo possibile la posizione eretta e, per alcune persone, la deambulazione. Per l’effetto della cura i seguenti fattori sono stati di vitale importanza: le aspettative delle persone che curavano la ragazza/donna che cosa essi credessero che la ragazza/donna potesse fare, le motivazioni della stessa ragazza/donna, un piano d’intervento congiunto che coinvolgesse tutti, persone ben istruite e ben informate sulla sindrome di Rett – oltre che i problemi e le possibilità.
Parole chiave: Fisioterapia, Cammino, Riapprendimento, Analisi, Piano individuale, Retraining, pedagogia e ortesi.
La dottoressa Witt Engerström durante il convegno
Introduzione
La sindrome di Rett è un disturbo dello sviluppo che, nel suo corso naturale, porta ad un rischio di perdita delle funzioni grosso motorie, perdita della posizione eretta, ambulazione e movimenti di transizione (1–3).
Nonostante si trovino molti studi nella letteratura medica, per quanto riguarda la perdita di funzionalità da aspettarsi sia ad uno stadio iniziale (stadio II), sia in seguito (stadio IV), le possibilità di risultati positivi tramite intervento sono state raramente rilevate. Quando si lavora e ci si prende cura di persone affette da sindrome di Rett, si rileva spesso un atteggiamento di desolazione nei confronti di un intervento. Viene accettato un deterioramento della funzione grosso motoria senza alcuna analisi. Hennesy e Haas hanno riportato, nel 1998, che su otto pazienti con contratture fisse del piede-caviglia, solo due erano state operate (4).
Nel 1991 Guidera et al. hanno esaminato nove bambine, dai 3 ai 17 anni, con sindrome di Rett. Cinque di queste presentavano differenti contratture giunturali e nessuna di loro era stata curata operativamente (5). L’importanza di una posizione eretta, dell’equilibrio del corpo, del mantenimento e la riacquisizione della linea mediana e le ripetute cure sottotolineata dallo studio sulla scoliosi di Hanks (6).
Sono state pubblicate alcune relazioni riguardanti la possibilità di riacquisire l’abilità di camminare (7,8). Uno dei compiti principali del fisioterapista presso il centro Rett svedese (Swedish Rett Center) è documentare cure di successo.
Ad oggi, le valutazioni fisioterapiche comprendono 75 persone con sindrome di Rett, di età variabile tra 4 e 54 anni, e 25 (33%) di loro vengono esaminate ripetutamente.
Noi presentiamo qui tre casi in cui vengono applicate efficaci strategie di prevenzione e di riallenamento.
Il primo caso riguarda una donna con sindrome di Rett classica che presenta perdita di abilità grosso motorie e che ha vissuto per anni su una sedia a rotelle, poi riabilitata al punto di ottenere posizione eretta all’età di 36 anni, con l’acquisizione dell’abilità di camminare e attività di transizione fino alla sedia all’età di 40 anni.
Il secondo caso tratta di una bambina con sindrome di Rett, che adesso ha 9 anni e 10 mesi, e del lavoro che si è fatto per darle la possibilità di stare in piedi, fare dei passi aiutandola, e farle mantenere la schiena più dritta possibile, sperimentando diverse posizioni erette.
Il terzo caso è l’esempio di un lavoro che ha avuto successo nel mantenere la capacità di transizione da terra allo stare in piedi per una ragazza che adesso ha 15 anni, e la sua capacità di usare modi differenti di svolgere il compito. L’intervento è iniziato prima della perdita totale di capacità ed è avvenuto attraverso l’applicazione di nuove strategie facilitative, aumentando la sua motivazione a compiere il movimento.
CASO 1
Questa donna è nata il 27 marzo 1956 dopo una gravidanza regolare ed è stata considerata normale. Ha imparato a camminare all’età di circa 16 mesi e all’età di 18 mesi riusciva a correre, a mangiare con un cucchiaio, a dire molte parole e a combinarle in semplici frasi. Riusciva anche a dire quando aveva bisogno di andare in bagno. A 18 mesi il suo sviluppo si arresta. Ha smesso di usare parole nuove e alla fine ha perso quelle che aveva imparato in precedenza. Il suo sonno è diventato disturbato, l’equilibrio instabile e presentava difficoltà nel cammino. In questo periodo c’è stata una fluttuazione di funzionalità durante il giorno e variabile di giorno in giorno.
All’età di due anni le sue mani erano serrate in movimenti stereotipati e quando aveva 5 anni il suo camminare era instabile e caratterizzato da un’ampia andatura. A 10 anni aveva bisogno di supporto per camminare, a 17 anni i suoi piedi erano in posizione equino vara, il piede destro in maniera più pronunciata.
A 18 anni, nel 1974, si verificò un allungamento bilaterale del tendine di Achille. A 21 anni non era in grado di camminare e si discuteva di una nuova operazione al piede destro. Il chirurgo ortopedico e la madre decisero di non effettuare l’operazione, dubitavano che avrebbe portato dei benefici, considerando il fatto che non ne avevano portati le precedenti.
Non era stato effettuato nessun allenamento particolare prima o dopo le precedenti operazioni. Nel 1984, a 28 anni, la famiglia si trasferì in un’altra città. Una valutazione fisioterapica stabilì che la paziente pendeva verso destra, con il serio rischio di incorrere in scoliosi. Una valutazione ortopedica stabilì la mancanza di equilibrio posturale, ma non ancora scoliosi. Le sue giunture avevano una buona estensione di movimento, ad eccezione dei suoi piedi, che erano in posizione equinovara con un’adduzione del piede anteriore. Il piede sinistro poteva essere forzato verso una normale posizione, ma non il piede destro.
Uno dei metodi per ridurre il rischio di sviluppo di scoliosi era farla stare in piedi, ma questo era reso estremamente difficile a causa delle sue contratture. Quattro anni più tardi fu eseguita una osteotomia sfenoide ed un allungamento dei tendini del piede destro. Purtroppo il risultato non ebbe durata.
2.1. Riallenamento dell’andatura
Sulla base di una analisi fisioterapica delle capacità funzionali della donna, fu deciso un altro intervento chirugico all’età di 36 ani, nel 1992. Il precedente fallimento di risultati di lunga durata fu preso in considerazione, e fu preparato un piano congiunto di intervento pre-, peri-, e postoperatorio, per i genitori, il chirurgo ortopedico, il medico curante, il fisioterapista e altro personale. Fu usata in fase preoperatoria una sedia da deambulazione, in modo da incentivare la memoria e la gioia del camminare.
L’operazione ortopedica ha incluso una risezione del tendine di Achille del piede destro e una tenotomia del muscolo tibiale anteriore, muscolo tibiale posteriore, muscolo flessore lungo delle dita. Con una ingessatura dotata di un tacco, la donna era in grado di camminare, caricando tutto il peso del corpo, cioè poteva stare in piedi e camminare dopo l’operazione.
Una volta rimossa l’ingessatura, è stata sottoposta ad esercizi con il fisioterapista, esercizi in piscina, attività grosso motorie su base giornaliera con personale qualificato nella città di residenza. E’ stata fornita anche di scarpe e ortesi fatte su misura.
La sua evidente gioia nell’essere aiutata a camminare ha ispirato il suo assistente e questa reciproca motivazione ha stimolato l’attività ed in seguito, lo stesso anno la paziente era in grado di camminare per 50 metri con un leggerissimo supporto di una persona.
Nel momento in cui la posizione del piede destro varo si è ripresentata dopo un po’ di tempo, è stata applicata una ortesi modificata, alta sul lato mediale, per un periodo di 6 mesi. In seguito a questo periodo di tempo, non c’è stato più bisogno di operare, visto che il piede rimaneva dritto, nella stessa posizione del periodo postoperatorio.
2.2. Riapprendimento del movimento transizionale
Un controllo posturale deficiente causa difficoltà nei movimenti transizionali. Questa donna era in grado di alzarsi da terra e spostarsi sulla sedia, ma gradualmente ha perso tale capacità. All’inizio del 1996 il suo fisioterapista ha cominciato a lavorare con lei mirando a riacquisire questa capacità.
Dopo sei mesi la fisioterapista si aspettava che la paziente fosse in grado di alzarsi da terra – ma non fu così. La fisioterapista la portò nel luogo dove l’ aveva vista fare questo tipo di movimento l’ultima volta, anni prima. Dopo aver provato in tre diverse occasioni, il movimento riuscì.
Nel Novembre del 1996, in occasione di una valutazione fatta da uno di noi (I.W.E.), la paziente si è alzata da terra per andare a sedersi su una sedia in un ambiente estraneo per la prima volta dopo la riacquisizione di questa capacità.
Nel 1997, in occasione del follow up, 5 anni dopo la ben pianificata operazione, era ancora in grado di camminare con un leggero supporto di una persona. I suoi movimenti erano meno ben bilanciati dei movimenti normali e non era in grado di iniziare a camminare da sola.
Queste capacità, camminare e alzarsi da terra, erano comunque importanti per lei e per le persone al suo fianco nella vita di tutti i giorni. Ovviamente era felice di effettuare queste attività e ne ha mantenuto la capacità.
Il piano congiunto dell’intervento ha compreso:
- L’uso di un supporto per l’andatura in modo da portare indietro la memoria e mantenerla, relativamente al modo di camminare, prima e dopo l’operazione.
- Stare in piedi e camminare congiuntamente dopo l’operazione di chirurgia ortopedica.
- Esercizi giornalieri. Aspetti motivazionali specificatamente menzionati.
- Ortesi e scarpe di perfetta misura. Adattamenti effettuati regolarmente.
- Operazione chirurgica durante il periodo più stabile possibile, cioè non durante periodi progressivi di instabilità, nessun cambio di personale, nessuna infezione, mantenere un ambiente conosciuto. Informarla nel miglior modo possibile.
CASO 2
Questa paziente è nata il 25 gennaio 1991. All’età di 24 mesi era in grado di alzarsi da terra ma fino ad adesso non è mai stata in grado di camminare. Già quando fu esaminata da uno di noi (I.W.E.), nel 1994, all’età di 3 anni e 10 mesi, fu identificato lo stesso tipo di flessione plantare distonica ed asimmetria dei piedi, come avevamo già visto in pazienti adulti con sindrome di Rett, prima della perdita della capacità di camminare (3).
Quali strategie potevano essere adottate per prevenire ulteriori perdite, come la perdita di capacità di stare in piedi, di ambulare, di compiere movimenti transizionali e il sopraggiungere di contratture gravi? D’accordo con i genitori e i fisioterapisti abbiamo deciso di provare a fare di tutto in modo da evitare tali contratture.
Adesso ha 9 anni e 10 mesi, ha usato le ortesi per 6 anni, fin dalla diagnosi. All’inizio le ortesi avevano delle cerniere, ma in seguito, con l’aumentare del peso della bambina, sono state usate ortesi piede caviglia ordinarie (AFOs). Per stabilire se la bambina si muovesse meglio con o senza ortesi, abbiamo scattato delle fotografie per avere una documentazione (Figure 1,2 e 3).
Osservando queste foto si osserva che la bambina era più sicura, rilassata e in equilibrio con ortesi e scarpe. Aveva la capacità di guardarsi intorno mentre la si faceva camminare e le sue braccia erano distese verso il basso. I genitori hanno le hanno sempre fatto indossare le ortesi in ogni posto e attività e la bambina veniva sempre fatta muovere “a piedi”.
Ha anche usato un supporto a forma di conchiglia, talvolta una cornice atta a farla stare in piedi, e ha usato un supporto per la deambulazione. Questo è stato fatto in modo da tenerla sui propri piedi, dato che il modo più efficace di mantenere i piedi in posizione corretta è quello di usare il peso del corpo. Per scegliere il supporto per camminare abbiamo riunito diversi tipi di tale strumento che le abbiamo lasciato provare.
La bambina ha manifestato diverse reazioni con diversi supporti. Con alcuni rimaneva col corpo sospeso o pendeva da un lato, ma con uno in particolare ha fatto qualche passo – quello che offriva minor supporto. La paziente è ancora affetta da distonia ai piedi, ma dopo sei anni non ha alcuna contrattura.
CASO 3
Questa bambina, nata nel 1985, aveva 18 mesi quando ha iniziato a piangere, avere disturbi del sonno, e a perdere la capacità di usare le mani per altri movimenti che non fossero le stereotipie tipiche della sindrome di Rett. Era in grado di camminare e aveva imparato ad alzarsi da terra nel modo in cui fanno i bambini. Era motivata ad alzarsi e a sedersi in continuazione perché questo era il suo modo di giocare sul pavimento.
All’età di 10 anni ha iniziato ad avere difficoltà ad alzarsi da terra. Nelle sedute di fisioterapia è stata stimolata in maniere differenti a fare questo movimento tutto da sola. La sua accettazione dell’invito è stata mostrata attraverso l’uso di mobili usati come supporto, raggiunti camminando sulle ginocchia. Ha compiuto questi movimenti per un paio di anni e poi ha iniziato a usare entrambi i metodi per alzarsi da terra, usando come supporto i mobili, come fanno i bambini.
Oggi ha 15 anni, ma con l’aumentare del peso è ancora più difficile per lei alzarsi, ma sappiamo che ne è in grado, fin tanto che noi ci aspettiamo che lei possa provare cose nuove. Inoltre noi accetteremo tutte le sue capacità, anche se sono stimolate per nostra iniziativa e anche se la bambina è in grado di compiere solo parte del movimento.
Risultati
Questo studio dimostra che:
- Riacquisire in modo considerevole la capacità di camminare è stato possibile per una donna di 36 anni con sindrome di Rett anche dopo quindici anni passati su una sedia a rotelle.
- E’ stato possibile riacquisire la capacità di movimenti di transizione dal pavimento alla sedia quando si stimola la sua memoria e la motivazione.
- Si è potuto prevenire l’insorgere di contratture dei piedi in una bambina di 9 anni.
- È stata preservata ed incrementata la capacità di alzarsi da terra in una bimba di 10 anni con sindrome di Rett.
- I risultati positivi riscontrati in questi casi sono dovuti ad una conoscenza delle specifiche disfunzioni relative alla sindrome di Rett: livello di sviluppo primario, disprassia, distonia e controllo posturale deficiente che richiedono aspettative in senso positivo, motivazione della ragazza/donna, strategie specifiche sia a livello pedagogico che medico.
- Ugualmente importante è stato il piano di intervento congiunto, che ha compreso i genitori, il chirurgo ortopedico, il medico, il fisioterapista e altro personale.
Discussione
Nella sindrome di Rett c’è un alto rischio di malposizini, contratture, e perdita di funzioni grosso motorie, dovute a deficienze della postura, del tono, della locomozione (3,9,10). Sono state pubblicati alcuni studi sulle cure operative (4). Guidera et al. (5) nel 1991 ha consigliato l’uso precoce di strutture di supporto, fisioterapia e uso accurato di cure operative.
Nonostante le molte operazioni, il caso n. 1 ha perso la capacità di stare in piedi, camminare e alzarsi da terra per molti anni, la chirurgia da sola non è stata di aiuto. Non finché non si è considerato un più completo approccio all’intervento, momento in cui le cure si sono rivelate efficaci. Le strategie usate hanno coinvolto la disprassia, come anche la memoria di precedenti funzioni motorie e l’importanza della ripetizione. Sono stati riportati studi sulla riacquisizione della capacità di camminare da Hanks e Budden (7,8).
Si identificano ulteriori fattori di importanza per le funzioni di mantenimento e riallenamento. Questi aspetti sono stati considerati per i casi 2 e 3, quando si è pianificata una cura efficace. E’ stata essenziale una valutazione neurologica, ortopedica e fisioterapica approfondita e individuale. La strategia curative ha combinato periodi in cui la paziente stava in piedi, con diversi modi di motivare la bambina/donna, usando situazioni della vita quotidiana, riconoscimento precoce delle difficoltà, e modi differenti di fare un’azione. Anche solo parti di movimento sono state considerate capacità importanti.
Per tutti e tre i casi sono stati considerati gli aspetti motivazionali: per i casi 1 e 3 alzarsi da terra significava mantenere la forza e l’ampiezza di movimento. Sedersi a terra era per il caso 1 una manifestazione di protesta, per dire a tutti “io questo non lo faccio!” e per il caso 3 era la sua maniera di giocare – a terra. Per entrambe alzarsi da sole era divertente ed incoraggiante, se potevano farlo in un modo a loro possibile e se si considerava il ritardo nell’azione. Per il caso 2 altre parti di funzioni grosso motorie erano importanti.
La motivazione del fisioterapista era importante per mantenere i piedi e gli alluci in posizione corretta, rendendo possibile lo stare in piedi e il camminare con un aiuto. Per la bambina è stato divertente poter muoversi verso il punto in cui gli altri bambini giocavano e guardarli da una posizione eretta. Le nostre aspettative, la nostra conoscenza delle loro capacità e anche la nostra immaginazione sono stati elementi importanti per queste tre persone. Per un intervento precoce di successo si deve sviluppare l’identificazione di segni prognostici.
Ringraziamenti
Questo studio è stato supportato dall’associazione nazionale dei disabili neurologici (National Association for Neuroloically Disabled). Ringraziamo la Sig.ra Birgitta Hagbard e la Sig.ra Maria Haskins per la revisione linguistica. Un ringraziamento particolare ai pazienti, alle loro famiglie e ai loro fisioterapisti che ci hanno fornito le informazioni.
Bibliografia
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